Riconoscimento protezione umanitaria a cittadino ucraino per motivi di salute

Tribunale di Roma, ordinanza del 5 dicembre 2016


Si ringrazia l’Avv. Francesco Zofrea per la segnalazione e la dott.ssa Valentina Corneli per il commento.

la foto non ritrae la persona protagonista della storia, ma è solo ad uso dimostrativo.

Il caso riguardava un cittadino ucraino al quale la Commissione territoriale di Roma aveva negato qualsiasi forma di protezione umanitaria ed internazionale. Nel ricorso avverso il provvedimento si chiedeva invero di riconoscere la sussistenza di esigenze di protezione internazionale nella misura in cui il cittadino ucraino asseriva di provenire da una città dell’Ucraina in cui era in essere un conflitto armato che lo avrebbe costretto ad imbracciare le armi o ad incorrere in sanzioni se si fosse rifiutato. In subordine si chiedeva il riconoscimento della protezione umanitaria. Il Tribunale di Roma escludeva che vi fossero i presupposti per l’applicazione al ricorrente dello status di “rifugiato” ex art. 2, lett. e) d.lgs. n. 251/2007. Si trattava di comprendere, allora, se la fattispecie avrebbe potuto presentare i caratteri del “danno grave” (art. 14) ai fini dell’applicazione della disciplina della protezione sussidiaria, tenendo conto che “i rischi a cui è esposta in generale la popolazione o una parte della popolazione di un paese, di norma non costituiscono di per sé una minaccia individuale da definirsi come danno grave” (n.26 Direttiva 2004/83/CE e n. 35 Direttiva 2011/95/UE).

Tenendo conto altresì di quanto affermato dalla giurisprudenza nazionale ed eurounitaria, il rifugio politico e la protezione internazionale si distinguono per il differente grado di personalizzazione del rischio, e non è necessario che il richiedente rappresenti una condizione caratterizzata da una personale e diretta esposizione al rischio in caso di violenza indiscriminata che riguarda la situazione del Paese. Tuttavia nel caso concreto la situazione politica in Ucraina non poteva configurarsi situazione di “conflitto generalizzato” utile ai fini dell’applicazione dell’art. 14. Inoltre, si escludeva che anche laddove il ricorrente fosse rientrato nel Paese sarebbe stato chiamato alle armi, in quanto lo stesso era stato riformato per motivi di salute. Sono però proprio questi motivi di salute, che erano stati adeguatamente documentati, e per i quali il ricorrente si stava curando in Italia, che devono giustificare il diritto dello stesso al permesso di soggiorno ex art. 5, c. 6. D.lgs. n. 286/1998, per motivi umanitari.

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